Truffelli: Chiamati a costruire insieme il Bene Comune

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Intervista a Matteo Truffelli*

L’Europa è stata il faro della cultura per molti secoli, come può tornare ad esserlo? Come si può promuovere la spiritualità vero fondamento della civiltà europea? Cosa c’entra la fede con l’Europa?

Penso che l’Europa possa recuperare il proprio ruolo di punto di riferimento per tutta la comunità umana se saprà, innanzitutto, riscoprire, ridire e rilanciare le ragioni del suo “stare insieme”. Che non sono solo ragioni di tipo economico, o di tutela degli interessi degli Stati e dei cittadini, ma anche ragioni che sono radicate in una promessa reciproca di pace, di solidarietà, di giustizia, di riconoscimento e promozione dei diritti umani. Una promessa che, necessariamente, non può valere solo “ad intra”, per i cittadini europei, ma anche “ad extra”, per gli altri continenti e per i loro abitanti, a cominciare da quelli che si affacciano sul Mediterraneo. In tutto questo la nostra fede, il nostro credere in un Padre che amandoci ci rende fratelli non può che c’entrare. Il sogno europeo è figlio di un modo di pensare l’umano, di pensare la politica e di pensare la comune appartenenza alla famiglia umana che è profondamente legato alla Buona notizia del Vangelo.

Il sogno di Europa dei Padri fondatori (Schuman, Adenauer, De Gasperi) partiva da una comune visione di uomo, della sua dignità di persona così come intesa dal cristianesimo. Come possiamo aiutare i giovani a riscoprirlo?

I giovani sono già molto più europei di quanto, a volte, non sappiano o non dicano. Chi di loro vorrebbe tornare ai tempi in cui per andare a vedere una partita a Madrid o un concerto a Dublino bisognerebbe fare documenti, cambiare i soldi, preoccuparsi di tante cose? Chi vorrebbe sapere che andare a studiare o a lavorare a Parigi non sarà più così facile? Io non credo che ai giovani oggi interessi come prima cosa difendere dei confini, penso che desiderino un mondo migliore di quello che hanno trovato: più giusto, più pacifico, più attento a non ipotecare il futuro consumando tutte le risorse disponibili. Dobbiamo allora aiutarli a riscoprire che questo era il sogno che guidava i nostri padri fondatori, lasciarsi definitivamente alle spalle le macerie della guerra e le ragioni che l’avevano causata: gli egoismi nazionalistici, l’asservimento alle logiche del profitto di pochi, la mancanza di rispetto per la dignità di ogni persona.

Qual è la missione dei cattolici in politica? Quale deve essere il ruolo della nostra Associazione in questo ambito, al di là dell’impegno personale di ciascuno?

È una domanda molto ampia, a cui è difficile rispondere in poche battute. Come credenti, siamo chiamati a impegnarci con passione, generosità, competenza e rigore morale per concorrere a costruire, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, il Bene Comune. Cioè per promuovere lo sviluppo di una società più giusta, più fraterna, più umana. Una società che sappia prendersi cura di tutti, a partire dai più deboli, dai più indifesi, e che sappia custodire il creato come un dono grande e fragile. In questo la nostra associazione può fare davvero tanto, e quindi deve fare tanto. Ma non posso riassumerlo in poche parole. Mi permetterai allora di rimandare a un piccolo libro intervista che ho fatto proprio su questo tema e che è stato pubblicato dalla nostra editrice, l’Ave: si intitola “La P maiuscola. Fare politica sotto le parti”.

Qual è un buon motivo per andare a votare il 26 maggio?

Perché volenti o nolenti, dal futuro dell’Europa dipende il nostro futuro. E allora questo futuro vogliamo contribuire a costruirlo, non vogliamo essere solo spettatori.

* Matteo Truffelli, 49 anni, sposato con Francesca e professore universitario di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Parma. Dal 2014 è presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana.

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